TESTO CRITICO LUCIANO CAPRILE

Articolo su Arte In World n.1 dicembre/gennaio 2017 – Quelle labbra di splendido vermiglio

La pittrice declina La bellezza muliebre in un cromatismo di sicuro impatto

La raffinata seduzione è demandata a un volto femminile o, meglio, alla accesa sottolineatura di labbra che esprimono offerta di sé, desiderio di attenzione e di immediata conquista percettiva. Cinzia Pellin comunica simili emozioni attraverso un’immagine iperrealista, quasi fotografica, dove la lieve traccia del disegno concede un limitatissimo spazio a ulteriori sottolineature tonali del racconto.

 A lei interessa declinare sulla tela una delicata base di estrema bellezza muliebre, come una sorta di prologo su cui innestare il colore, uno in prevalenza, il rosso infuocato che accende all’improvviso la scena e la concentra sulla bocca socchiusa, prodiga di promesse e di attese, che sembra voler travalicare i limiti fisici del dipinto per conquistare, per ammaliare l’osservatore.

Solo gli occhi, smarriti nel sogno e nelle declinazioni  del verde-azzurro, sembrano partecipare a tale sconvolgimento emozionale come un rimando più temperato di rinnovabile soavità.

Tale interpretazione ha riguardato nel passato in particolare un’icona come Marilyn Monroe; quindi l’artista ha riversato su di sé le medesime intenzioni rappresentative. Comunque la sottolineatura delle labbra come elemento dichiarativo del desiderio emerge ancora oggi ne Il canto degli angeli e in A cena col vampiro . In particolare nel secondo caso entra in gioco in primissimo piano il bicchiere di vino come rimando timbrico e di sostanza, come un ulteriore microcosmo a cui demandare ogni divenire di offerta o di calcolata perdizione.                                            

opo aver tenuto nel giusto conto questo ammiccante approccio narrativo, occorre prendere atto delle varianti interpretative che riguardano le composizioni di Cinzia Pellin degli ultimi anni.

Per esempio Mutazione del 2012 demanda l’ansia dell’effigiata non solo all’atteggiamento  inquisitore dello sguardo, ma a quel velo di violacea inumanità che cala sul volto e lo consegna a una realtà che ormai non le appartiene più.

Altre opere offrono momenti di autentica grazia e di assoluta dolcezza contemplativa. Ci riferiamo in particolare a Innocenza e a Il sorriso di Shirley .

Nel primo caso la sottolineatura tonale dei nodi e delle frange accompagna e rimarca il margine del vestito intorno al collo mentre gli occhi, nella loro verde intensità espressiva, interrogano chi guarda con ricercata provocazione; nel secondo caso l’impasto bordeaux del cappello e della veste isola il calligrafico disegno del viso sorpreso nell’attimo di ammiccante, gioiosa spensieratezza.

Un modo diverso, mutevole di manifestare la femminilità e la bellezza attraverso quei contrasti cromatici 

che permettono all’artista di esibire il piacere della stupefazione. Non è facile trovare l’armonioso accordo tra segno e materia, tra la linea narrativa e la densità di un colore che l’accompagna e deve sigillare un carattere.

Cinzia Pellin riesce a conquistare questo difficile equilibrio col giusto dosaggio dei componenti narrativi senza mai cadere nella facile descrizione dei personaggi o nell’effetto meramente provocatorio.

Le sue donne manifestano sempre la misura delle loro intenzioni non solo o non tanto in senso grafico. Attraverso lo sguardo concedono la raffinatezza o la perentorietà della loro anima a chi la sa accogliere.