TESTO CRITICO ALAIN CHIVILÒ

Costellazioni di femminilità

In Cinzia Pellin la donna assume tracce di contemporaneità. Piccoli tasselli e dovizie di particolari che uniti in un’abile forza compositiva forniscono agli occhi dell’osservatore una donna forte, energica ma nel contempo romantica.

Una femminilità d’oggi dipinta in svariati modi d’essere. Volti non comuni, che dalla carta patinata o da foto di amiche vengono interiorizzati da Cinzia Pellin in un unicum compositivo d’effetto.

Un viso acqua e sapone si personifica all’improvviso in diva e una star contrariamente si trasforma in una donna non più vip, all’interno di un sottile equilibrio di gioco dato da repentini cambi di ruolo.

Il suo amore per la celluloide e il glamour riecheggiano donne che hanno impresso tempi passati, ma non in un’iconografia standardizzata spesso troppo abusata, bensì in una scomposizione ricca di umanità in puro stile Pellin.

Ecco che compare l’originalità del suo rosso, colore molto amato dall’artista, che invade tutto il supporto della tela o va a evidenziare per esempio labbra sensuali o unghie.

Una cromia che esplode con un’intensità ed energia unendo vita, passione e sangue, tracciando così quel sottile legame enigmatico tra vita e morte. Particolari che come singoli fotogrammi immortalano istanti femminili.

Occhi di ghiaccio, occhi di un penetrante azzurro, occhi mediterranei stregano l’osservatore. Sigari Havana, di utilizzo autobiografico, sono in procinto di essere fumati in momenti di segreta intimità, reclamando uno spazio privato che l’artista stessa inserisce in alcuni momenti della giornata.

Degli ornamenti sono a volte inseriti in bionde, more e rosse che si alternano a piacimento in un costante dialogo con l’usufruitore. Se pensassimo di abbinare una colonna sonora, si passerebbe da melodie forti tipiche dell’Heavy Metal a sonorità più dolci o melanconiche proprio a rispecchiare le due versatilità dell’esser donna. 

Dunque, siamo di fronte a vere e proprie costellazioni femminili che, unite come galassie, determinano un infinito mosaico in cui l’uomo o la donna che guardano l’opera trovano, in base al sesso di appartenenza, elementi che vanno oltre la quotidianità.

I carnati dei visi, in un’evoluzione di ricerca, sono passati dal sapiente utilizzo di velature e sovrapposizioni di tonalità grigie a una maggiore presenza di bianchi lirici, tanto da assumere un aspetto sublime ma evanescente nello stesso tempo. Dalla tela appare come un miraggio un volto etereo che in questo caso rimane impresso per sempre.

Non solo donne, ma anche l’infanzia è raffigurata con bimbe che gioiscono per la spensieratezza dell’età o che fanno intravedere una tristezza di fondo per una condizione di cui non hanno colpa.

Una tematica complessa che l’artista, come un’abile regista cinematografica, ha saputo cogliere anche in questi soggetti fermando l’istante in una singola scena.

Cinzia Pellin propone una figurazione non semplicistica e non iperrealista, perché è risultante di un lungo lavoro d’analisi, ottenuto da una padronanza della forma che si ricompone d’incanto sulla tela in frammenti e sguardi di femminilità.

Alain Chivilò

Freelance press, critico d’arte, curatela eventi culturali

http://www.alainchivilo.it